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Quando le macchine potranno sognare – Lettere dall’anno 2912 Parte seconda
Tempo di lettura : 5 minuti

Carò papà io ti scrivo. Lettere dall’anno 2912

Lei l’aveva approvato. Non che lui ne avesse realmente bisogno, ma Katrina ci teneva a fare sapere a suo marito che ne approvava le scelte. A Nicolas non dispiaceva. Sapeva che la moglie aveva sempre avuto una spiccata propensione a farsi gli affari altrui, ma era un tipo tranquillo non lo infastidiva sapere che lei approvava le sue scelte. Era molto tempo che Nicolas pensava a quel viaggio. Erano molti anni che lo pianificava programmandolo minuziosamente in ogni particolare. Aveva persino trasportato su una olo-mappa la posizione di tutte le cliniche di sostituzione delle quali avrebbe potuto avere bisogno durante il viaggio. Aveva anche una buona scorta di materiali di scorta come si conviene quando bisogna allontanarsi da casa per un certo periodo di tempo.

Nicolas era quel che si dice “un tipo”. Non che fosse brutto si intende, ma esprimeva una sua solidità di base che volgeva più all’affidabilità che ai canoni della bellezza classica. Spesso durante le giornate di bel tempo la sua testa emetteva bagliori metallici dovuti al riflesso del sole. Spesso pensava che se avesse avuto i capelli tutto ciò non sarebbe mai successo. Subito dopo però realizzava che i capelli non svolgono alcuna funzione pratica e che quindi la loro presenza non era strettamente necessaria dal punto di vista della logica, e di logica lui se ne intendeva. Era un tipo allegro Nicolas. Aveva lavorato per circa trecento anni come contabile delle miniere di lutezio su Titan 5 e adesso era stato messo a riposo per raggiunti limiti di età.

Nonostante per lui il lavoro non fosse esattamente uno spasso non si era mai lamentato di doversi alzare presto per prendere la navetta polare che faceva la spola tra la terra e Titan 5. Ogni mattina prima di andare al lavoro salutava Katrina esattamente come la mattina precedente. Ogni sera quando rientrava dal lavoro la salutava nuovamente come la sera precedente. Dunque si può dire tutto ma non che la sua vita fosse densa di emozioni. Tutto ciò era andato avanti per trecento anni esatti, ma adesso era arrivato il suo momento. Nicolas si forzò di ricordare : come la chiamavano sulla terra questa situazione ?. La chiamavano … pensione. Denominazione ridicola. Perché “pensione” disse fra sé e sè ?. Pensione.. pensione… .

Soppesava quella parola per capire se per lui ciò avesse un qualsiasi senso pratico. Concluse che non ne aveva alcuno. Aveva semplicemente finito il periodo di tempo di lavoro che era stato previsto per lui. Il periodo di tempo di lavoro era fissato automaticamente per tutti, per tutti quelli come lui si intende.

Le reti neurali del futuro connetteranno tutti

Non che fosse strettamente necessario andare in pensione. Se avesse voluto avrebbe potuto rimanere in servizio altri cinquanta, cento o duecento anni ancora. Tanto la salute era assicurata dalle cliniche di sostituzione. Se ne avevi bisogno andavi in una di queste cliniche e ti sostituivano tutto ciò che necessitava. Ti attaccavano ad una macchina e leggevano il display. C’era scritto tutto quello che non funzionava. Arrivavano i dottori, ti facevano dormire per un po’ e quando ti svegliavi eri bello che nuovo.

Non occorreva neppure pagare, perché il denaro così come era stato concepito dall’uomo per più di duemila anni era stato abolito nel 2212. Se avevi espletato il tuo lavoro per il periodo stabilito tutte le prestazioni erano erogate gratuitamente dal Governo Mondiale. Se non avevi lavorato semplicemente ti veniva richiesto di ripagare le cure ricevute espletando un certo periodo di lavoro una volta ritornato in salute. Comunque per quelli come lui questo non era mai accaduto. Era inconcepibile non espletare il proprio periodo di lavoro previsto.

Questo era un sistema così pratico ed efficiente che una volta istituito aveva estirpato corruzione e criminalità nel giro di duecento anni appena. Non che per lui o tipi come lui ciò avesse importanza si intende. Nicolas non era capace di alcuna ostilità o azione violenta. Si può dire che fosse stato concepito senza il concetto stesso del male. Comunque se anche l’avesse posseduto non avrebbe saputo cosa farsene.

Nicolas guardò fuori dalla finestra. Abitava a New new York in una piccola abitazione sulla punta est dalle parti di Trailor Park. Guardava fuori e vedeva l’atlantico. A lui sembrava immenso, anche se sapeva benissimo che nei momenti di congestione del traffico con le nuove stazioni di smaterializzazione si arrivava in Europa in meno di un secondo. Cercava di non pensarci e così si immaginava che quello fosse un viaggio da ultima frontiera. Comunque aveva deciso che quello sarebbe stato il suo di viaggio, una cosa solo sua e tutta personale !. E nessuno l’avrebbe fatto desistere !.

Nicolas voleva scrivere quella lettera in un luogo simbolico. Per lui era importante poterla scrivere in un luogo che rappresentasse l’arrivo di un momento di crescita interiore. Era destinata a quello che lui aveva sempre considerato come suo padre, anche se suo “padre” era morto oramai da molto tempo . Pensava Nicolas “ad un padre si scrive, e quindi io scriverò una lettera per ringraziarlo di ciò che ha fatto per me”.

Il luogo era stato deciso dopo avere attentamente vagliato molte ipotesi. Dapprima voleva scrive la lettera sulla cima dell’Everest come simbolo di ascesa personale, ma poi Nicolas realizzò che siccome non era più giovane soffriva molto l’umidità e il freddo e forse non era proprio il caso. Aveva pensato di scriverla da Capo Nord che avrebbe potuto rappresentare un arrivo. Già, l’arrivo….ma l’arrivo a cosa poi ?. Improvvisamente si ricordò di una immagine di Capo Finisterre in Spagna. Come è ovvio dal nome Nicolas l’aveva sempre associata alla terra “alla fine del mondo”, e quindi come tale adattissima a scrivere una lettera dagli alti contenuti simbolici.

Salutò sua moglie Katrina come aveva sempre fatto per trecento anni. La cinse con le braccia attorno al busto come segno d’affetto. Comunque ciò non avvenne senza che lei lo accusasse di assentarsi da casa per l’ennesima volta. Era un tipo Katrina. Come Nicolas non era una bellezza. Testa abbastanza piccola, busto piuttosto tozzo e gambe non piccole ma comunque solide. Sembrava essere stata fatta apposta per i lavori di casa. Quei due erano stati fatti l’uno per l’altro. Si notava chiaramente.

Nicolas si diresse verso la prima sottostazione di smaterializzazione. Un ingresso era appena a cento metri da casa. Arrivò alla cabina e si sedette attendendo pazientemente il suo turno. Dopo pochi minuti la voce dell’impiegato automatico avvisò che poteva entrare. “Dove vuole andare” disse l’operatore. “Capo Finisterre in Spagna ” rispose Nicolas. “Lo so benissimo dove è Capo Finisterre caro mio ” ribatté petulante la voce dell’impiegato. “Quello che mi serve sapere con precisione è dove vuole essere depositato”.

Capo Finisterre Spagna – Il faro

A questo Nicolas era impreparato. Aveva lavorato per trecento anni sognando quel momento ma proprio non aveva avuto il tempo di pensare a dove esattamente volesse essere depositato. Cercò nuovamente nelle pieghe della memoria e si ricordò che dietro il faro c’era un posto piuttosto tranquillo dal quale avrebbe potuto scrivere la sua lettera. “Dietro il faro” disse Nicolas. “Bene , si tenga pronto e spenga i suoi equipaggiamenti elettronici, saranno riattivati automaticamente una volta arrivato”. La sotto-stazione di smaterializzazione si attivò producendo un leggero rumore di armoniche e Nicolas svanì in un vortice di scintillanti lampi di luce.

Che aria e che luogo. L’Atlantico era favoloso quel giorno. Gabbiani e nuvole danzavano attorno al cielo rendendo unico quell’istante. Nicolas si sedette estraendo il suo digipad. Lo osservò per alcuni istanti. Era finalmente arrivato il fatidico momento. Scrisse alcune righe per vedere se avesse la giusta ispirazione e si fermò un attimo. Nicolas alzò lentamente lo sguardo verso l’alto.

Il riflesso del sole colpiva le celle elettroniche dei suoi occhi e il cielo rifletteva i suoi colori sulla testa di acciaio e metalli rari. Il display delle funzioni brillava nella luce del giorno. Sulla lettera si potevano leggere le prime righe che iniziavano così “Da Nicolas modello AX2000 numero di matricola AH0057THX ad Alan Turing, padre dell’intelligenza artificiale. Caro padre a mille anni dalla tua nascita io ti scrivo…..”

 
Bletchley Park – Block B – The Bletchley Park Story – Statue of Alan Turing – by Stephen Kettle" di ell brown è sotto licenza CC BY 2.0
Quando le macchine potranno sognare – Lettere dall’anno 2912 Parte prima – Racconto
Tempo di lettura : 3 minuti

Cari lettori, come avevo riportato nel post precedente “Quando le macchine potranno sognare – Lettere dall’anno 2912” era stato scritto per essere una sceneggiatura teatrale. Ciò che segue avrebbe costituito una sorta di “antefatto” alla rappresentazione vera e propria. Nel giugno del 2012 erano passati 100 anni esatti dalla nascita di Alan Turing. In rete apparvero molti contenuti su questo personaggio ma se per caso non lo conoscete andate a leggere la relativa pagina di Wikipedia a questo link.

Alan Turing fu il padre della moderna intelligenza artificiale e precursore assoluto del primo computer che sarebbe arrivato solo alcuni anni dopo la sua scomparsa. Fu anche il padre della matematica computazionale e inventore del modello di validazione degli algoritmi che ancora usiamo in epoca moderna. A lui dobbiamo la vittoria dell’asse anglo-americano nell’atlantico durante la seconda guerra mondiale, poiché con la sua macchina a stati infiniti riuscì a decriptare il famoso codice Enigma che consentiva alla Germania di comunicare in segreto con i propri sommergibili.

Morì suicida nei primi anni sessanta condotto alla pazzia a causa del trattamento ormonale di castrazione chimica al quale era stato ingiustamente condannato. Prima di morire avvelenò una mela cospargendola con cianuro e dopo averne mangiato un pezzo la depositò sul tavolo sul quale avevano visto la luce molte delle sue intuizioni.

Non a caso la sua fine ricalca la storia di Biancaneve della quale lo scienziato era fortemente appassionato. Le cronache sono dense di episodi nei quali i suoi collaboratori e famigliari giurarono di averlo sentito canticchiare le canzoni del racconto. Pochi inoltre sanno che Steve Jobs prese spunto proprio da questo fatto per progettare il famoso logo Apple © ™ che appunto riporta una mela con un morso.

Questa è quindi una ricorrenza che il blog occhialinelbuio.com non poteva lasciare passare senza una adeguata celebrazione. A livello personale voglio solo dirvi che se sin da piccolo mi sono accostato al mondo della programmazione e ai problemi matematico computazionali ciò è principalmente dipeso da questa persona.

Una immagine di un calcolo computazionale

Quando ero piccolo io internet non esisteva e l’unico modo di informarsi sulle basi della nascente informatica di largo consumo era quello di comprare montagne di libri e leggere per imparare. Non avevo ancora 17 anni quando scorsi in una libreria della mia città il libro “architettura interna dei processori 386”. A quel tempo per programmare in DOS usavo un Commodore VIC 20. Chi lo ricorda ? Sembrava una meraviglia ingegneristica proveniente da un altro mondo. Questo computer come memoria di massa usava una cassetta come quella che fino a pochi anni fa usavano i nostri walkman. La RAM di cui il pc era dotato era pari a quella che adesso risiede in un odierno orologio digitale da polso. Eppure a me quella macchina aprì le porte a quella che sarebbe stata la mia passione da adulto. Io volevo sapere di più su come quel mondo meraviglioso fosse iniziato e così corsi a comprare il mio secondo libro che parlava dell’origine dell’informatica partendo dall’anno zero. In quel momento conobbi la figura di Alan Turing e compresi chi fosse quest’uomo e cosa avrebbe rappresentato per l’umanità futura.

Per i lettori di occhialinelbuio.com pubblico il seguente breve racconto in due puntate ispirato a questa persona che scrissi molti anni fa sull’onda del mio amore per i racconti di fantascienza degli anni 50 e 60. Chiedo scusa dell’incerta narrazione. A parte la riduzione operata per restringere il racconto originale, alcune righe dello scritto erano illeggibili a causa del tempo trascorso. Ciò ha reso indispensabile riscrivere alcuni periodi per poterli adattare a questa narrazione.

Oggi, a distanza di 100 anni esatti dalla nascita di Turing di lui non possiamo che dire : Non tutti possono tutto. A questa celebre frase io aggiungerei : Solo pochi possono moltissimo.

Alla prossima settimana per la seconda parte del post che conterà il racconto vero e proprio. Vado in cucina e cerco la ricetta delle linguine all’astice da fare esattamente come mi ha insegnato una mia cara amica di Napoli. Magari ne pubblicherò prossimamente la ricetta .

 
Sogni di robot – Anticipazione del post “Quando le macchine potranno sognare – Lettere dall’anno 2912”
Tempo di lettura : 3 minuti

Ben ritornati a tutti i lettori di occhialinelbuio.com . Questo articolo è una anticipazione del prossimo post che avrà per nome “Quando le macchine potranno sognare – Lettere dall’anno 2912”. Dopo un po’ di riflessioni abbiamo deciso di scrivere questi appunti giusto per incuriosirvi un attimo e invitarvi a leggere l’articolo che verrà pubblicato nel corso di questa settimana.  Non vogliamo spoilerarne il contenuto ma ci sembrava giusto scrivere due righe giusto per farvi capire il perché in questo post non si tratterà di un sogno in quanto tale.

Nel prossimo articolo leggeremo uno dei racconti che assieme ad alcuni amici scrissi per il teatro alcuni anni or sono. Eravamo intenzionati a farne una commedia per bambini sullo stile “Il mago di Oz” ma con il passare del tempo realizzammo altre trame delle quali eravamo più soddisfatti e che al momento sembravano maggiormente percorribili per una rappresentazione teatrale.  Della stessa serie e nello stesso anno scrissi “Soldato blu” un racconto ambientato nella seconda guerra mondiale anch’esso relativo allo svincolo della coscienza dagli affetti di un bambino. In “Soldato blu le tetre atmosfere della guerra venivamo stemperate dalla luce della luna e da avvenimenti spirituali, quasi animistici.

Avrete forse capito che “Lettere dall’anno 2912”  non è un sogno ma piuttosto un racconto che viene vissuto dai suoi personaggi come un sogno. La narrazione cela un finale o un significato nascosto una volta ancora classificabile come futurista o futuribile.

Il racconto segue la trama classica tante volte utilizzata dal maestro della fantascienza americana Ray Bradbury, il celebre autore di “Cronache marziane e Fareneith 451”. Chapeau mr. Bradbury, i suoi libri hanno fatto sognare milioni di persone in tutto il mondo. Avrò letto “Cronache marziane” almeno una cinquantina di volte. Ho sempre trovato in esso una fonte inesauribile di ispirazione per i racconti che ho scritto per la radio e per il teatro.

La new wawe legata alla letteratura fantascientifica degli anni 60-70 mi ha sempre affascinato. I temi che in essa vengono trattati permettono molto spesso di sperimentare il legame fra trama e sentimenti. In ciò non v’è equivoco interpretativo. La new wawe apre la fantascienza classica a nuovi scenari, e quindi non tratta solamente di mostri a cinque teste o robot impazziti con qualche rotella fuori posto.

Sono assolutamente convinto che questi elementi siano solamente pretesti narrativi, utili tuttalpiù ad introdurre il lettore alla scoperta di nuovi legami o nuovi tipi di sentimenti. Penso anche che ciò assomigli molto alla struttura di un sogno. Nel sogno il nostro “Io profondo” prende in prestito il vissuto onirico e lo riveste dei pensieri e dei legami al solo fine di elaborarli in altri modi. Nel racconto “Quando le macchine potranno sognare – Lettere dall’anno 2912” la spersonalizzazione del rapporto uomo-macchina viene presa in prestito per narrare un futuristico dramma dal sapore profondamente sentimentale. Anche questo racconto sfrutta tale meccanismo, e in esso non c’è nulla di misterioso e complicato.

Un robot – Licenza di attribuzione CC01

Nella new wawe di fantascienza degli anni 60-70 questo espediente è assolutamente frequente e nel cinema fantascientifico dei tardi anni 90 divenne la normalità narrativa. Avete mai visto il film “A.I. Intelligenza artificiale” di Steven Spielberg ?. Non per nulla il maestro della cinematografia mondiale innesta in un vile e sterile script di programmazione, una straziante trama d’amore e di affetti ritrovati ma poi perduti. Film drammatico e per certi versi molto crudo il quale ci pone dinnanzi a una domanda. E se un domani tutto ciò divenisse vero ?.

Per quanto riguarda il tema drammi-sogni e calcolatori elettronici, in questo blog abbiamo un altro esempio nel racconto “2010 l’anno del contatto”. Vi invito a rileggerlo cliccando su questo link. Entrambe i racconti narrano della spersonalizzazione del rapporto uomo macchina e lo rielaborano in quanto tale e senza filtri, per interpretarlo da un punto di vista meramente oggettivo.

Isaac Asimov

In un futuribile domani per quale ragione i sentimenti dovrebbero appartenere al solo essere umano ?. Anche Isaac Asimov ne sapeva qualcosa e ci scrisse sopra il racconto “Sogni di robot”. Certo, si trattava di una emozione artificiale, ma non per questo nel racconto essa risultò meno vera o avverabile in un domani futuribile.   

Nel 2012 ci sembrò quindi giusto scrivere questa trama teatrale prendendo a pretesto i cento anni dalla nascita dello scienziato inglese Alan Turing. Alan Turing fu uno dei padri dell’informatica e dell’intelligenza artificiale nonché crittografo e grandissimo matematico.  A lui e al suo team dobbiamo il fatto di avere decodificato nel corso della II Guerra Mondiale il funzionamento della macchina nazista Enigma. Fece una fine ingloriosa nel 1952 . Molto modestamente ci sembrò giusto celebrare questo personaggio facendone l’indiretto oggetto di questa piccola storiella.

Vi auguro buona lettura e restate sintonizzati per il prossimo post di Occhialinelbuio.com dal titolo “Quando le macchine potranno sognare – Lettere dall’anno 2912”.

Il robot sogna un uomo che ripete : “Libera il mio popolo”

Calvin chiede al robot LVX-1 chi fosse quell’uomo

LVX-1 risponde “Ero io quell’uomo”

Cit. Isaac Asimov da : Sogni di robot

 
Robby il robot del film Il pianeta proibito anno 1956
IL PIANETA PROIBITO – parte seconda – Sogno del 3 febbraio 2023 
Tempo di lettura : 2 minuti

Molto bene fanciulli, eccoci qua per la seconda parte del sogno IL PIANETA PROIBITO. Dopo avere bevuto un bicchiere di Coca Zero torno a letto e come solito, per la gioia di mia moglie, mi metto a ronfare nel giro di un secondo. Sono le ore 2:53….

Il sogno ricomincia. La scena è totalmente cambiata, adesso siamo in una struttura alberghiera . Sembra un resort. C’è un edificio che mi ricorda tanto un luogo che frequento d’estate. E’ un posto che nella realtà mi fa sentire molto bene.  Guardo meglio e vedo che si tratta di una costruzione di mattoni appoggiata sugli alberi di un grande parco tagliato all’inglese. Luogo bellissimo e molto curato. C’è una grande tensostruttura tipo quella pressurizzata dei campi da tennis ma il telone è trasparente e dall’esterno si vede dentro.

Ci sono due semisfere costruite in questo modo. Nella prima semisfera vedo molte persone che si stanno divertendo in piscina . Sembra quasi delle terme al coperto. L’acqua fuma ed è calda e ci sono le bolle dell’idromassaggio. Gli occupanti sono tutte coppiette che stanno amoreggiando libertinamente. Le osservo dall’esterno.  Entro nell’altra semisfera anche essa trasparente e non c’è nessuno. E’ riservata solo a me . Mi distendo sul lettino tipico degli stabilimenti balneari estivi. Fa caldo e sono in costume. Anche qui c’è una grande piscina circolare di acqua calda .

Una luce blu è irradiata dal  fondo. E’ molto bella.  Nel sogno ascolto il mio IPOD con i Queen a manetta. Mi tolgo gli auricolari e ascolto i rumori dell’ambiente. Ancora il ronzio di prima ! E’ sempre lo stesso rumore . In questo momento sono con mia moglie. Siamo seduti attorno a un  tavolo tipo quelli in plastica da giardino che si usano d’estate.

Lo scienziato del film : Il pianeta proibito

Stiamo pranzando con piatti enormi di linguine all’astice . A proposito, prossimamente vi posto la mia ricetta delle linguine all’astice e sabato ne cucino un piatto esagerato. Mi volto e improvvisamente senza nessun preavviso circa a dieci metri da noi appare un robot di quelli tipici dei film di fantascienza degli anni 50. Siamo come nella una scena di un film con dottori pazzi, ragazze da salvare in minigonna cortissima e improbabili minacce aliene provenienti da ancora più improbabili robot pieni di lampadine lampeggianti. Tutti guardiamo in quella direzione . Il robot è lentissimo come sempre accade nel film di fantascienza di quel periodo. Anche una lumaca potrebbe sfuggirli e noi non facciamo eccezione. Lui però non ci minaccia e quindi per il momento ci godiamo le nostre linguine all’astice.  Il robot lampeggia e muove le sue antenne grandi come orecchie di un elefante. Chissà cosa sta facendo.

Nel sogno non c’è tensione e sentiamo sempre quei deboli ronzii di ingranaggi meccanici . Mi alzo e vado verso il robot. Lui parla con voce meccanica e chiede informazioni. Il robot dice che deve andare e che si scusa tanto per l’intrusione, non voleva spaventare nessuno ma si è perso e non sa come tornare a casa.

Dice anche che il suo aspetto non deve incutere terrore perché anche lui ha un’anima gentile (Asimov docet). E’ così solo perché uno scienziato pazzo con il pizzetto lo ha costruito in quel modo.  Nel sogno penso che è molto strano che un robot del genere non sia dotato di un navigatore satellitare. Guardo in faccia mia moglie e nessuno di noi, almeno in sogno,  capisce il senso di quella scena. 

Bevete consapevolmente cari miei. Alla prossima !

 
IL PIANETA PROIBITO – parte prima – Sogno del 3 febbraio 2023
Tempo di lettura : 2 minuti

Il pianeta proibito parte prima è un sogno che si divide in due scene. La sera precedente avevo mangiato una ghiotta piadina ripiena di un prosciutto molto salato e quella notte mi alzai per bere qualcosa. Come nota a margine annoto come il luogo dove mi sono ritrovato nella seconda parte, è per un luogo realmente esistente. Esso offre un porto sicuro al riparo da occhi indiscreti e offre un mondo di sicuro relax. In questo luogo mi rifugio ogni volta che i fatti della vita rovesciano su di me forti preoccupazioni e tensioni, come nel momento corrente. Ho vissuto questo sogno non come un incubo, ma piuttosto come una avventura molto piacevole e dal frutto vagamente proibito.

Buona lettura

IL PIANETA PROIBITO – Parte prima

Il sogno inizia in un labirinto di tunnel sotterranei immersi nel buio quasi totale. Solo in lontananza si scorgono deboli luci che illuminano in maniera fioca il labirinto. Le pareti sono rivestite di mattoni-scaglie. Non so se sono mattoni o scaglie di pesce.

Io sono presente e vivo l’ambiente in prima persona ma non riesco a vedermi. Nel sono sono solo . Rumori echeggiano  in lontananza. Capisco che sono sottosuolo dello stadio di calcio della mia città. Improvvisamente sbuco da un buco sulla superficie. Metto la testa fuori e vedo che sono circondato da alti teloni di plastica trasparente avvolti tutto attorno agli alberi della zona. Questi teloni formano una barriera che forse è una piscina che sta per essere riempita di acqua. Forse è una barriera protettiva ma non so da cosa mi devono proteggere. Più probabilmente è proprio una piscina.

Torno nei tunnel sotterranei. Odo ronzii nelle vicinanze. Sento anche degli odori. Sono odori di quando ero bambino e sembrano quelli dell’olio che ingrassava gli ingranaggi del meccano. Anche alcuni pezzi di ingranaggi che ho in mano sembrano proprio quelli del meccano. Anche le mie mani sembrano coperte da un velo di olio. Mi muovo lungo il tunnel e i ronzii mi inseguono. Nulla di minaccioso, non sono preoccupato. Non è un incubo, ma piuttosto una avventura. Non so che fare e cerco di decidere qualcosa.

la miniera di Malcantore

Non ho freddo e non mi sento minacciato, ho solo la vaga sensazione che mi stiano aspettando da qualche parte. Il sogno continua e c’è una fine a questa scena ma non ricordo con precisione il contenuto. Ho comunque l’impressione che si riferisca a una scala mobile che si dirige verso la superficie. Vagamente ricordo una macchina che mi sta aspettando ma è una percezione confusa. Il sogno svanisce, io mi sveglio e mi dirigo in cucina per bere qualcosa….

Alla seconda parte per scoprire l’epilogo del sogno

 
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